lunedì 24 gennaio 2011

Lettura e cervello: una rimediazione per le aree corticali

L’attività della lettura sembra imporre al nostro cervello l’equivalente neuronale di una vera e propria rimediazione: meccanismi cognitivi originariamente adibiti a altre funzioni, per esempio al riconoscimento di oggetti e volti, si riciclano per permetterci di codificare e dotare di significato i simboli grafici che leggiamo e interpretiamo. Questa almeno è la teoria dello psicologo cognitivo Stanislas Dehaene, che alla scoperta delle aree cerebrali coinvolte in attività cognitive come la lettura dedica studi e esperimenti, resi possibili dalle tecniche di brain imaging. Sono famosi i suoi studi sui processi neurali sottostanti al ragionamento matematico (più propriamente, a attività come la rappresentazione e concettualizzazione dei numeri e il contare), raccolti ne Il pallino della matematica.
Per quanto riguarda la lettura, nel libro I neuroni della lettura Dehaene sostiene che, nel decifrare e leggere una singola parola, occhio e cervello ne colgono subito inizio e fine, poi l’attenzione si concentra sulle sillabe centrali, infine tutto viene ricomposto: il processo ha una struttura ad albero che parte dall’intero e si ramifica arrivando a separare le singole lettere.
Nel processo sono chiamate in causa zone specifiche del cervello, in particolare le aree corticali legate alla visione e i nervi motori della fonazione (è come se interiormente pronunciassimo le parole che leggiamo). Sono naturalmente le nuove tecniche di indagine a disposizione, una su tutte la risonanza magnetica funzionale, a permettere di riconoscere sperimentalmente le aree cerebrali coinvolte e derivarne precise conclusioni: si individua così l’attivazione di siti corticali specifici identici negli uomini di diverse lingue e culture, in particolare la visual word form area (VWFA) situata sulla corteccia occipito-temporale, l’intera area del linguaggio parlato nell’emisfero sinistro e la regione dell’elaborazione fonologica del planum temporale.
Lasciando ora da parte la precisa individuazione delle aree cerebrali coinvolte, per la quale vi rimando al recente articolo di Dehaene et al. segnalato in calce, dove tra l’altro si trovano anche interessanti dati sperimentali su fenomeni di expertise legati alla lettura e sulla competizione tra diverse funzioni delle stesse aree corticali innescata dalla necessità di essere utilizzate per compiti differenti, quel che mi affascina maggiormente del complesso processo della lettura è questa ipotesi della sua nascita cerebrale legata al riadattamento di circuiti neurali preesistenti.
Grazie alla plasticità del cervello, imparando a leggere (da bambini o anche da adulti) adattiamo i neuroni per riconoscere volti e forme a riconoscere le forme artificiali delle lettere dell’alfabeto e a cogliere significati astratti in quelle forme. Si tratta insomma della riconversione di funzioni cerebrali preesistenti e molto generali per lo svolgimento di una funzione nuova. Bolter e Grusin direbbero che si tratta di un’autentica rimediazione.

Stanislas Dehaene, Il pallino della matematica, 2001
Stanislas Dehaene, I neuroni della lettura, 2009
Stanislas Dehaene, Felipe Pegado, Lucia W. Braga et al., How Learning to Read Changes the Cortical Networks for Vision and Language, 2010,
www.sciencemag.org

2 commenti:

  1. Sei sicura che Bolter et al parlerebbero di rimediazione?
    Mi spiego meglio: quello che Deahaene mi sembra voler dire è che il pattern di attivazione che pare sia daputato alle più alte funzioni cognitive si sia adattato per migliorare queste capacità dato un input esterno (la decifrazione e interpretazione di una traccia scritta).

    Nella rimediazione dei supporti mi pare di cogliere una diversa concettualizzazione: noi cerchiamo di trasporre le medesime funzioni su un diverso formato. Ma il punto è che questa logica si applica anche all'inverso! C'è anche una rimediazione dei nuovi media da parte dei vecchi. E' questa logica non lineare, a mio modo di vedere, che rende complessa l'analogia che tu poni in questo articolo.

    Cerchiamo di adattarci alle nuove pratiche di lettura, ai nuovi formati ma restiamo inevitabilmente invischiati nella clutura dei vecchi, che ci impediscono una positiva ri-mediazione, un puro adattamento.

    Non so se sono riuscito a spiegarmi bene, anche perché non conosco gli scritti di Deahaene.

    Spero di non essere andato off-topic!

    Cosa ne pensi?

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  2. Altro che off-topic, ti sei spiegato bene credo di aver capito! A me l'analogia pare comunque calzante proprio perchè la logica della Remediation si applica nei due sensi, dal vecchio al nuovo e dal nuovo al vecchio, e addirittura un medium può "rimediare" più volte le sue stesse forme. Allo stesso modo, mi pare di capire - ed è ciò che trovo affascinante, il cervello umano rimodella continuamente i propri meccanismi cognitivi in modo da adattarsi ai vari compiti da svolgere, gestendo una complessa compresenza di funzioni attraverso le stesse aree neuronali. Si ha quindi, ad esempio nel caso della lettura, una compresenza tra vecchie e nuove pratiche anche proprio a livello cerebrale, nessuna abilità va perduta, ma alcune prevalgono momentaneamente sulle altre. è vero che Bolter e Grusin in Remediation insistono di più sull'aspetto di sostituzione del vecchio con il nuovo, ma io, come ho specificato in uno dei primi post, ritengo che quello di rimediazione sia un concetto più efficace se visto come un processo continuativo (e positivo) di ibridazione e compresenza di vecchio e nuovo. Insomma, non è detto che restare invischiati nelle pratiche associate ai vecchi formati pregiudichi il nostro adattamento a nuove pratiche, anzi potrebbe addirittura favorirci dandoci le basi per adattarci al meglio!

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