sabato 22 gennaio 2011

Pratiche di lettura e supporti tecnolgici

Non si può istituire un parallelismo diretto tra evoluzione dei supporti e evoluzione delle pratiche di lettura corrispondenti. Sarebbe infatti quantomeno riduttivo individuare la causa di un mutamento di modalità cognitive soltanto nel cambiamento dei supporti tecnologici di cui ci serviamo nella loro messa in atto. 
Certo, è innegabile che molte caratteristiche delle modalità attuali di fruizione di contenuti sul Web indicano l’esistenza di pratiche di lettura alle quali saremmo ricorsi molto meno se avessimo avuto sotto il naso soltanto supporti cartacei. In effetti ci sono particolari tecnologie alle quali i nostri sistemi cognitivi si adattano particolarmente bene, permettendoci di svolgere al meglio attività come la lettura, appunto, e quindi non sembra del tutto sbagliato parlare di coevoluzione dei sistemi culturali/ tecnologici e i nostri sistemi cognitivi: sicuramente esiste un reciproco condizionamento dei nostri meccanismi cerebrali e degli artefatti tecnico-culturali che produciamo per implementarli e che allo stesso tempo diventano veicoli di un nuovo utilizzo delle nostre stesse abilità. Con la lettura e la tecnologia di Internet sembra di assistere proprio a questo: le nuove modalità di fruizione di testi e immagini, dove moltissimo materiale a disposizione si accompagna a modalità di presentazione veloci e sovrapposte a distrazioni di ogni tipo, producono negli utenti una vera e propria modifica della pratica di lettura che si prestava al testo scritto su carta stampata, fissato e stabile sotto gli occhi del lettore, pronto per ricevere tutta la sua attenzione. Leggere, sul Web, diventa nella stragrande maggioranza dei casi un’attività veloce e superficiale, volta a scremare i contenuti per individuare i punti chiave dei testi e decidere se ritenerli interessanti o meno, o una rapida rassegna dei testi per scansione, volta alla ricerca di elementi  specifici all’interno del mare di risultati generati dalle nostre query al motore di ricerca preferito.  
Ci sono parecchi studi su questo fenomeno della modifica del modo in cui leggiamo on-line, ad esempio Jakob Nielsen nel suo How Little Do Users Read cita i lavori di Weinreich et al. che illustrano i risultati sperimentali dei loro studi sui modi empirici in cui il Web è utilizzato dagli utenti: viene fuori che gli utenti di una pagina web leggono in media al massimo il 28% del contenuto testuale, e in genere non dedicano più di 4,4 secondi a ogni 100 parole. Segue la ovvia conclusione che a una tale velocità si associa un basso livello di comprensione, livello che cala ulteriormente durante le operazioni di skimming e scanning
Questi risultati non indicano però la perdita della capacità di leggere con concentrazione un testo, concentrandosi sul significato, ma semplicemente la diffusione di pratiche alternative di lettura, funzionali all’esigenza di orientarsi e capire quali sono i contenuti che ci interessano nell’abbondanza di apparati testuali in cui di questi tempi ci muoviamo. Vista così, la situazione appare già molto meno drammatica: le pratiche di utilizzo delle nostre capacità cognitive che mettiamo in atto sono funzionali ai compiti che dobbiamo affrontare e agli strumenti che il contesto ci offre, acquisire abilità di scrematura e scansione non significa perdere le capacità di concentrazione e comprensione. Queste riflessioni suggeriscono che diverse pratiche di lettura, da alternarsi a seconda dei mezzi e dei tempi che abbiamo a disposizione, possono convivere egregiamente nel nostro cervello come nella nostra cultura. Per questo sostengo che gli allarmismi siano fuori luogo e soprattutto che non sia l’evoluzione tecnologica recente la causa dell’emergere di nuovi modi di leggere: la mescolanza ibrida di diverse pratiche di lettura non deve essere attribuita alla nascita del web, ma è qualcosa di precedente, che esisteva già quando i soli supporti possibili per il testo scritto erano quelli cartacei. Probabilmente i mezzi tecnologici ora a disposizione hanno soltanto accelerato l’emergere e il diffondersi di pratiche di lettura del tipo skimming e skanning, ma non le hanno create imponendole ai nostri meccanismi cognitivi. Al contrario, le possibilità latenti di utilizzi di questo tipo delle nostre capacità di lettura sono state accresciute e portate all’attuazione dai nuovi supporti tecnologici.
Riflettendo sul rapporto tra lettura e testualità elettronica, Roger Chartier evidenzia giustamente come “la lunga storia della lettura” mostri con forza “che le mutazioni nell’ordine pratico sono spesso più lente delle rivoluzioni delle tecniche e spesso sfasate rispetto a queste. Dall’invenzione della stampa non sono derivate immediatamente nuove maniere di leggere. allo stesso modo, le categorie intellettuali che associamo al mondo dei testi perdureranno di fronte alle nuove forme del libro”.
Non è quindi possibile parlare di un rapporto causale deterministico tra supporti e pratiche di lettura. L’approccio vincente per la comprensione della doppia evoluzione in atto consiste nel distinguere i due tipi di cambiamento - da un lato quello tecnologico dei supporti, dall’altro quello cognitivo dei modi di leggere - e nel concentrarsi sulle pratiche di lettura, se l’obiettivo è rendere conto della compresenza attuale delle diverse pratiche attuabili grazie alla tecnologia senza perdere in profondità, parlando di sostituzioni e cancellazione di abilità là dove invece si registrano evoluzioni e ampliamenti di possibilità.
Jakob Nielsen, How Little Do Users Read, www.useit.com

Roger Chartier, Lettori e letture nell’era della testualità elettronica, www.text-e.org

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